Una qualsiasi impresa può investire in altre imprese che si trovano in diverse aree geografiche sparse per tutto il mondo, spostando così parte del processo produttivo e generando reddito in stati diversi da quello di origine: si fa riferimento al cosiddetto Investimento Diretto Estero (IDE).
Gli IDE sono investimenti in attività produttive che un’impresa compie al di fuori del proprio paese d’origine e che richiedono un grande sforzo per l’impresa stessa, con lo scopo di raggiungere una maggior presenza nei vari mercati esteri. Gli IDE possono essere una strategia valida per quei settori dove sono importanti i fattori firm specific, cioè quei fattori che le aziende posseggono indipendentemente dalla posizione geografica, ma che possono permettere un miglioramento del vantaggio competitivo se abbinate ai vantaggi localizzativi quali la forza lavoro a bassi costi, l’accesso a fonti di energia e la conoscenza diretta dei mercati locali.
La UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) definisce l’investimento diretto estero come un investimento internazionale effettuato da parte di un soggetto residente in un paese in un’impresa localizzata presso un altro paese, al fine di acquisirne il controllo, in modo da gestire le attività di quest’ultima in modo integrato e funzionale a quelle che l’entità investitrice svolge nel proprio Paese d’origine o altrove. Atra definizione viene data dal FMI (Fondo Monetario Internazionale) e dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), i quali definiscono l’IDE come l’investimento in un’impresa estera nella quale l’investitore estero possiede almeno il 10% delle azioni ordinarie, effettuato con l’obiettivo di stabilire un interesse duraturo nel paese, una relazione a lungo termine e una significativa influenza nella gestione dell’impresa o di partecipare alla stessa.
Un investimento compiuto da un’impresa in un Paese estero può assumere diverse configurazioni, infatti differiranno l’un l’altro in base al diverso settore in cui l’impresa opera, alle diverse aree geografiche e alle singole attività della catena del valore che vengono delocalizzate. Per questo gli IDE vengono classificati principalmente come orizzontali o verticali e come greenfield, acquisition o brownfield. Secondariamente, vengono suddivisi in IDE import-substituting o export substituting oppure in IDE espansivi o difensivi.
Investimento diretto estero orizzontale o verticale?
Un’impresa otterrà benefici e sosterrà costi diversi in base alla scelta di effettuare investimenti esteri di tipo orizzontale o verticale. I benefici derivanti dagli Investimenti Diretti Orizzontali riguardano soprattutto la possibilità di accedere più agevolmente ai mercati esteri, con i conseguenti risparmi sui costi degli scambi e relativi vantaggi strategici. Allo stesso tempo, gli stessi comportano la rinuncia a usufruire di economie di scala a livello di impianto. Per quanto riguarda gli Investimenti Diretti Verticali, invece, i benefici riscontrabili riguardano i risparmi sui costi dei vari fattori produttivi, anche se su l’impresa investitrice peseranno comunque i cosiddetti costi di disintegrazione, cioè i costi di imballaggio e trasporto, i dazi sulle importazioni e tutti quei costi derivanti dal fatto di gestire attività geograficamente distanti tra loro.
Quindi, secondo l’analisi dei costi e dei benefici degli Investimenti Diretti Esteri Orizzontali e degli Investimenti Diretti Esteri Verticali, si può dedurre che un’impresa tenderà a effettuare quelli Orizzontali in quelle aree che permettono un buon accesso a mercati di dimensioni tali da riuscire a coprire i costi fissi a livello di impianto, facendo riferimento quindi a quei Paesi vicini all’impresa investitrice, con bassi costi di accesso ai grandi mercati o con una popolazione numerosa con un alto reddito.
Quelli Verticali, invece, saranno vantaggiosi nel caso in cui l’impresa investa in Paesi con un basso costo delle risorse e dei fattori produttivi e con costi riguardanti il commercio internazionale non elevati, in quanto i prodotti dovranno attraversare più volte i confini nazionali durante le varie fasi del processo di produzione. Fino a pochi anni fa, la quota di Investimenti Orizzontali era nettamente superiore a quella di Investimenti Verticali, ma negli ultimi anni la tendenza sta cambiando e gli IDE verticali risultano in notevole aumento.
La produzione verticale
La produzione internazionale verticale deriva dall’obiettivo aziendale di riduzione dei costi, grazie all’utilizzo di risorse locali, dalla manodopera alle materie prime, disponibili a costi inferiori o l’accesso a risorse locali non disponibili nella nazione di origine frammentando il processo produttivo. La frammentazione della produzione può derivare dalla presenza di capacità e competenze differenti in diverse aree del mondo, dove alcune regioni hanno maggiori conoscenze e sono più produttive nello svolgere una determinata operazione, mentre altre regioni hanno una maggior produttività in una fase differente. Una prima tipologia di produzione internazionale riguarda la decisione aziendale di integrazione di uno stadio del processo produttivo a monte, con l’obiettivo di utilizzare le risorse presenti nel Paese dove vengono indirizzati gli investimenti (resource seeking). Le risorse ricercate possono essere sia materie prime, sia manodopera specializzata a costi inferiori piuttosto che conoscenze tecnologiche o di management. La seconda tipologia riguarda investimenti in Ricerca e Sviluppo in Paesi esteri (knowledge seeking), alla ricerca di innovazioni di prodotto o di processo che le permettano di rafforzare la propria posizione competitiva.