Il Take Profit e lo Stop Loss sono due strumenti che ormai ogni software per gli investimenti e qualsiasi piattaforma di ogni broker mette a disposizione. Andiamo a vedere nel dettaglio cosa sono e come funzionano.
Take profit
Il Take Profit è un ordine automatico che viene inserito dall’operatore al momento dell’apertura di una posizione (sia questa long o short). In sostanza, supponiamo che un trader entri long sullo strumento X al prezzo di 100€. Avendo calcolato un target di prezzo al livello di 110€, l’investitore può impostare un Take Profit al valore di 110€ in modo tale che, una volta che la security ha raggiunto quel determinato livello, la piattaforma in automatico fa partire l’ordine (in questo modo non è necessario che il trader sia online ed attivo dietro al computer!) e chiude la posizione permettendo all’operatore di guadagnare 10€ lordi.
Il Take Profit è molto comodo. Si pensi, ad esempio, ai cambi. Le valute continuano ad essere scambiate senza sosta, 24 ore su 24. Ma ovviamente risulta impossibile per ogni essere umano essere presente sul mercato costantemente, senza pause né riposo (ad eccezione ovviamente di grosse trading firms che possono permettersi un ricambio costante di operatori). È qui che entra in gioco il nostro Take Profit. Altra ipotesi. Il nostro strumento dell’esempio precedente raggiunge all’improvviso il prezzo di 110€ per poi crollare al livello di 107. Grazie al Take Profit la posizione si chiude immediatamente permettendo al trader di guadagnare quanto previsto e sperato.
Ovviamente il Take Profit è da calcolare accuratamente. Spesso, per paura di perdere dei primi guadagni, molti operatori lo posizionano troppo vicino al livello di entrata incorrendo in impatti più elevati delle commissioni e subendo costi opportunità maggiori dati dai mancati profitti. Ricordarsi sempre: “chiudere subito le posizioni in perdita e lasciar correre i profitti!”.
A breve comunque vedremo qual è la strategia migliore da utilizzare.
Stop loss
Lo Stop Loss è strumento analogo al Take Profit. Analogo nel senso che è sempre settato dall’operatore ed ha una medesima finalità: controllare la posizione del trader anche in sua assenza. L’intento però, in questo caso, è quello di limitare le perdite e la funzione quindi è opposta: chiudere una posizione quando si è raggiunta una determinata percentuale di perdita.
È necessario poi evidenziare che spesso gli Stop Loss vengono rotti da repentini e falsi movimenti al ribasso (specialmente nel caso in cui settato troppo vicino al prezzo). È perciò necessario che anche questo strumento sia fissato accuratamente. Andiamo a vedere come.
Utilizzo Take Profit e Stop Loss
La metodologia più frequente vuole l’utilizzo combinato di un Take Profit e di uno Stop Loss su ogni posizione aperta in rapporto 3 ad 1. Si può procedere in due modi differenti:
- Si stabilisce, sulla base dell’avversità al rischio dell’operatore, la percentuale di capitale investito che questo è disposto a perdere (supponiamo il 3%) e quindi si fissa lo Stop Loss al corrispondente livello (3 punti percentuali sotto il livello di entrata). Di conseguenza il Take Profit sarà posizionato 9 punti percentuali sopra (regola 3 a 1).
- Si stabilisce un target di prezzo (con annesso Take Profit) sulla base dello studio condotto sullo strumento. Si vede che il target di prezzo raggiungibile secondo l’analisi del trader genererebbe un profitto, supponiamo, del 12% e quindi si fissa lo stop loss 4 punti percentuali (cioè 1/3 di 12%, sempre regola 3 a 1) sotto il livello di entrata.
In entrambi i metodi giace una logica di fondo. Supponendo per semplicità di avere commissioni pari a 0, seguendo la regola del 3 a 1, una posizione chiusa con successo permette all’operatore di coprire le perdite derivanti da ben altre 3 posizioni di insuccesso, bloccate da uno Stop Loss. Così facendo, basta avere il 50% delle posizioni azzeccate (siano long siano short ovviamente) per risultare in utile.
Esempio. Posizione 1: +3
Posizione 2: -1
Posizione 3: +3
Posizione 4: -1.
Si può notare che il guadagno netto è di ben 4 punti al lordo delle commissioni nonostante solo la metà delle posizioni siano in utile.
Supponendo quindi che un operatore apra numerosissime posizioni nel corso di un anno di trading, basterebbe, seguendo la regola del 3 a 1, avere almeno il 26% di queste posizioni positive per essere in utile. Questo poiché con 25 posizioni positive su 100 guadagneremo 75 (25 x 3%), esattamente quanto perderemmo con le restanti 75 negative (cioè 100 posizioni aperte totali meno le 25 buone).
Questa teoria e tecnica è ben nota nel mondo del trading ed è seguita da numerosi operatori. È necessario però effettuare alcune precisazioni conclusive. Per prima cosa, la regola del 3 a 1 può essere modificata a discrezione dell’avversione al rischio del trader. Comune è anche un rapporto 4 a 1 o 2,5 a 1 (entrambi con relativi pro e contro rispetto al 3 a 1). Come seconda cosa: non agire d’impulso o lasciarsi trasportare dalle emozioni solo perché sicuri di essere coperti da Take Profit o Stop Loss. In primis perché l’emotività è pericolosa (si dice “il peggior nemico del trader è sé stesso”) ed in secundis perché, seppur raro, può capitare che lo Stop Loss (come il Take Profit ma in questo secondo caso è meno grave) sia scavalcato da un improvviso gap che non permette quindi al software di inviare l’ordine ai mercati e di chiudere la posizione. Quest’ultima eventualità è particolarmente rischiosa: si pensi ad un gap che supera al ribasso lo Stop Loss di un operatore del Forex che è appena andato a dormire per le seguenti 8 ore…