È il 4 dicembre 2018, siamo a Katowice, in Polonia, una ragazzina svedese, bionda con occhi di ghiaccio fa un discorso in occasione della 24esima Conferenza delle Parti sul Clima. Quella ragazzina era Greta Thunberg ed è grazie a quel fatidico discorso che divenne famosa e nel mondo qualcosa si mosse. In seguito con i Fridays for Future sempre più persone si resero conto dell’importanza del tema del cambiamento climatico e quanto fosse importante anche in correlazione a quel meccanismo che risulta essere un po’ il motore del paese: l’economia. E quando l’economia incontra l’ecologia nasce l’economia circolare.
Economia circolare: le origini
Laddove l’economia tradizionale è definita lineare questo nuovo modello di economia, appunto circolare, è definita come tale poiché rappresenta un ciclo di produzione e riutilizzo. Il concetto di circolarità non è un concetto nuovo, parliamo di cicli collegati ai sistemi del mondo già dai tempi dei filosofi dell’antica Grecia. Per quanto riguarda invece la teoria economica, i primi a trattarne furono gli economisti ambientali Pearce and Turner, che basarono i propri studi su lavori precedenti di altri economisti quali Boulding o Ghisellini.
Boulding ad esempio sosteneva che la nostra non fosse una “cowboy economy”, ovvero dove le risorse naturali sono percepite come illimitate, ma piuttosto come una “spaceman economy”, dove la terra è percepita come un sistema chiuso in cui ambiente ed economia intraprendono una relazione circolare e ogni input viene convertito in qualcos’altro. In sunto per poter far mantenere la sostenibilità sulla terra, Boulding riteneva necessario che venisse abbracciato un modello di economia circolare.
Economia circolare: il concetto
Ora che abbiamo affrontato le origini e le radici di questa corrente di pensiero possiamo addentrarci per bene nel concetto stesso dell’economia circolare.
Per definizione l’economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica la condivisione, il riutilizzo, il prestito, la riparazione e il riciclo di materiali esistenti e prodotti più a lungo possibile. L’obiettivo finale è quello di ridurre al minimo lo spreco; quando un prodotto arriva alla fine del suo ciclo di vita i materiali vengono mantenuti all’interno dell’economia il più possibile, per essere usati in maniera efficiente ancora e ancora. Tutto questo si discosta particolarmente dall’economia lineare in cui ci troviamo oggi, dove tutto si basa su un pattern di prendi-produci-consuma-butta. Parte di tutto questo processo è anche un piano di obsolescenza pianificata, dove i prodotti sono pensati per avere una determinata durata solitamente breve, dopo la quale vengono gettati per incentivare il consumatore ad acquistarne di nuovi. Dopo questa breve analisi risulta chiaro come sia fondamentale attuare una transizione da un modello a un altro poiché le risorse sulla terra non sono illimitate in primo luogo, e soprattutto dover smaltire un prodotto dopo un breve periodo di utilizzo ogni volta aumenta in maniera drastica la produzione di CO2 e quindi di inquinamento dell’aria. Il cambiamento deve partire dal basso, con un consumo consapevole da parte dei cittadini, e dall’alto con un industria che investe sull’ecodesign, ovvero la creazione di prodotti con una durata maggiore e un riciclo semplificato, e che si affida all’energia pulita per i propri impianti. Perché, come dice anche Greta, “Se non troviamo soluzioni nell’attuale modello di sviluppo, significa che dobbiamo cambiarlo”.