Con il termine globalizzazione si indica il fenomeno di crescita progressiva delle relazioni e degli scambi di diverso tipo a livello mondiale in diversi ambiti osservato a partire dalla fine del 19° secolo. Sebbene con questo termine ci si riferisca prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e grandi aziende, il fenomeno va inquadrato anche nel contesto dei cambiamenti sociali, tecnologici e politici, e delle complesse interazioni su scala mondiale che, soprattutto a partire dagli anni ottanta, in questi ambiti hanno subito una sensibile accelerazione. Infatti, il termine globalizzazione è utilizzato anche in ambito culturale ed indica genericamente il fatto che nell’epoca contemporanea ci si trova spesso a rapportarsi con le altre culture, sia a livello individuale a causa di migrazioni stabili, sia nazionale nei rapporti tra gli stati. In campo economico, come suggerito anche dal blog Milano Borsa, esso denota la forte integrazione delle economie mondiali e la crescente dipendenza dei paesi gli uni dagli altri, a causa della dinamica dello scambio di beni e servizi e attraverso i movimenti di capitale e tecnologia. La globalizzazione è quindi la tendenza dell’economia ad assumere una dimensione mondiale, in quanto il mondo sta divenendo un “posto unico”. Il segno distintivo dell’economia globale è stata l’accelerazione senza precedenti del commercio mondiale.
La prima fase della globalizzazione
La prima fase, iniziata intorno al 1870, fu caratterizzata da una forte crescita dei flussi di capitale, da un aumento dei flussi migratori e dal raddoppio del commercio internazionale. La rivoluzione tecnologica dei trasporti fu il motore della prima fase di globalizzazione. La costruzione di navi più robuste e veloci ridusse i tempi di navigazione, l’inaugurazione del servizio telegrafico fra Londra e New York, Melbourne e Buenos Aires permise alle comunicazioni transcontinentali di passare dalle settimane ai minuti. Il miglioramento del trasporto su rotaia e la riduzione dei costi determinò una più ampia mobilità degli individui. Durante la prima fase, l’indicatore con cui generalmente viene misurata la globalizzazione, ossia il grado di apertura internazionale di una economia aumentò significativamente passando dal 25% nel 1870 a circa 40% nel 1914. Il commercio internazionale aveva le tipiche caratteristiche del commercio Nord-Sud, ovvero il Nord europeo industrializzato esportava prodotti manufatti e importava i prodotti primari provenienti dal Sud agricolo. Le fasi successive della globalizzazione furono il frutto di una diversa rivoluzione tecnologica, quella della trasmissione e dell’elaborazione dell’informazione. Lo sviluppo e la diffusione dei Personal Computer da una parte e il progresso nella tecnologia della comunicazione dall’altra, dal telefono sino ad internet e ai cellulari di ultima generazione, promossero la seconda e la terza fase di globalizzazione.
Le fasi successive fino ai giorni nostri
Nella seconda fase, il commercio mondiale crebbe ad un tasso medio del 6%, più del doppio rispetto al tasso di crescita del reddito, agevolato sia dall’ulteriore progresso nei trasporti transoceanici e dalla riduzione dei dazi coordinata dal GATT (Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio), sia dai processi di frammentazione della produzione, favoriti dalle innovazioni nella trasmissione dell’informazione. Nella seconda fase di globalizzazione il commercio internazionale assume le caratteristiche proprie del commercio intra-industriale Nord-Nord, ossia il commercio mondiale avviene tra paesi industrializzati, a reddito medio-alto e con analoghe dotazioni fattoriali, i quali esportano e importano prodotti manufatti simili. In questa fase i flussi migratori si riducono rispetto al boom della prima fase, principalmente come conseguenza delle più severe politiche di controllo sull’immigrazione. Nella terza fase di globalizzazione il progresso tecnologico e le politiche commerciali si rafforzarono ulteriormente favorendo l’emergere di alcuni tratti distintivi di quest’ultima fase. Innanzitutto, si affacciarono sulla scena internazionale alcuni paesi del sud-est asiatico (ma anche altri come il Cile e il Messico e recentemente Brasile e Russia), i così detti Globalizers, come definiti dalla Banca Mondiale, i quali assunsero ruoli rilevanti nel quadro del commercio mondiale.
In secondo luogo si avviarono una serie di processi di integrazione regionale anche noti come trade blocs che promossero il libero scambio fra determinate aree. In terzo luogo, si assistette ad un cambiamento della composizione dei flussi commerciali. La sempre maggior rilevanza dei Globalizers, infatti rettifica la direzione Nord-Nord del commercio mondiale inserendo una componente Sud all’interno dei flussi di interscambio manifatturiero (flussi intra-industriali Nord-Sud). Come è possibile spiegare la brusca interruzione del processo di globalizzazione avvenuto negli anni 1915-1950 dopo la prima fase di globalizzazione? Essa fu attribuita agli impatti disastrosi che ebbero le due guerre mondiali e la crisi economica del 1929 sul grado di apertura internazionale dei mercati e sulla integrazione delle economie nazionali. Le aumentate ondate nazionalistiche e protezionistiche annullarono infatti gli 80 anni di progresso tecnologico nei trasporti. Dopo la Seconda guerra mondiale, il lavoro dei politici portò agli accordi della Conferenza di Bretton Woods, nella quale i maggiori governi costituirono il framework della politica monetaria internazionale, del commercio, e della finanza, e venne considerata la fondazione di svariate istituzioni internazionali per facilitare la crescita economica. Ciò avrebbe poi portato alla globalizzazione che conosciamo oggi e vediamo ogni giorno intorno a noi.