La plastica è inquinante: in fase di smaltimento la diossina provoca danni all’ambiente ed al nostro organismo. Invade gli oceani, soffoca il pianeta.
Cosa significa Plastic-free?
Il termine inglese si traduce in “liberi dalla plastica”. Non è un semplice slogan ma un impegno per gestire al meglio un materiale che ha invaso l’intero pianeta. Plastic-free è sinonimo di responsabilità ambientale e sociale che tutti, dal cittadino all’azienda, dovrebbero dimostrare ogni giorno.
Attenzione, però.
Plastic-free non significa un mondo senza plastica. Il suo impiego non si può eliminare del tutto. Si può eliminare o sostituire in caso di utilizzo monouso e soltanto se esistono sul mercato alternative che possano garantire igiene, conservazione e integrità del prodotto. In certi casi, la plastica resta insostituibile perché non ci sono materiali che possano assicurare le stesse prestazioni.
Indice
Plastic-free o riciclo della plastica?
La grande famiglia della plastica comprende diversi tipi di polimeri. Non tutti i polimeri sono riciclabili. Riciclo e raccolta differenziata di plastica vengono usati impropriamente come sinonimo. In realtà, spesso il riciclo è impossibile per via di additivi e coloranti aggiunti che possono contaminare i cibi.
I polimeri riciclabili, d’altro canto, non possono essere riciclati all’infinito, ma al massimo 3-4 volte in quanto perdono volume, peso e qualità ad ogni passaggio, tanto che risulta impossibile utilizzarli per produrre oggetti. Dalla plastica più idonea al riciclo (il PET delle bottiglie) spesso si ottengono tessuti sintetici anziché bottiglie. In generale, la plastica riciclata per produrre oggetti da usare per poco tempo non ha senso da un punto di vista economico.
La plastica ottenuta dal petrolio non rinnovabile è molto durevole: il processo di biodegradazione può durare secoli.
Parlando di riciclo non dimentichiamo che anche questo comporta consumo di energie e risorse. Qualsiasi materiale alternativo necessita di materie prime ed energie per essere prodotto. Che impatto avrebbe poi sul pianeta oltre che sull’economia? Non è dato di saperlo. L’unica cosa certa è che il mondo ha bisogno di liberarsi della plastica accumulata nel corso del tempo e in fretta.
Le bioplastiche (ottenute utilizzando vegetali come mais e patata) rappresentano un grande passo in avanti. Ben vengano soluzioni innovative. Nel frattempo, l’unica arma è la lotta agli sprechi, un consumo più responsabile e sostenibile.
La Plastic Tax dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2022 secondo la proroga del decreto Sostegni bis. E’ una delle misure attuative della Direttiva Europea UE 2019/904 SUP (Single Use Plastics) in vigore dal 3 luglio 2019.
L’obiettivo è ridurre gradualmente il consumo e la produzione di prodotti MACSI (acronimo di Manufatti con Singolo Impiego), ovvero i manufatti in plastica monouso, usa e getta, non biodegradabili per tutelare gli oceani e l’ambiente.
L’imposta sulla plastica si applica su MACSI usati per contenere, manipolare, proteggere e consegnare prodotti alimentari o merci. Riguarda i prodotti monouso non compostabili, semilavorati contenenti anche solo parzialmente materie plastiche in forma di fogli, strisce, pellicole non destinati al riciclo.
Sono esclusi dalla tassa i MACSI compostabili conformi alla norma europea UNI EN 13432:2002, i prodotti contenenti una quantità di plastica inferiore al 40%, MACSI che proteggono e contengono dispositivi medici.
La tassa ammonta a 45 centesimi di euro per Kg di prodotto venduto e grava principalmente sui produttori di MACSI come pure su acquirenti ed importatori.
La plastica monouso va sostituita con un polimero naturale non modificato chimicamente. In mancanza di alternative, bisogna puntare sulla riduzione del consumo.
Le sanzioni previste sono fino a 500 euro (per mancato pagamento della tassa), fino a 250 euro (per ritardato pagamento), da 500 a 5 mila euro per presentazione tardiva della dichiarazione. Molte aziende, per adeguarsi ai cambiamenti normativi sulla plastica, stanno richiedendo certificazioni Plastic-free.
L’azienda pronta ai cambiamenti normativi sulla plastica ricorre a determinati standard di certificazione per sviluppare e progettare nuovi prodotti sostenibili.
Sicuramente sarà importante, affidarsi ad una catena di fornitura attenda alla gestione delle tematiche ambientali. Un buon programma di qualifica può partire richiedendo certificati in possesso da parte del produttore, che si possono suddividere in due branche: certificazioni aziendali e certificazioni di prodotto.
La prima tipologia definisce delle attestazioni volontarie, rilasciate a seguito di valutazione da parte di un organismo terzo, inerenti all’organizzazione aziendale, ed in questo ambito possono essere riassunte:
Le principali certificazioni di prodotto che possono interessare le organizzazioni produttrici di plastiche invece sono:
Gli standard sopra elencati evidenziano l’impegno e la gestione dei materiali, anche plastici, per la produzione sicura di tali materiali, e che stanno volgendo anche all’adozione di principi di sostenibilità.
Questi invece i riconoscimenti specifici sul prodotto che devi ricercare nei tuoi fornitori:
Pe poter partecipare alla transizione ecologica, un’organizzazione non può pensare solamente, in ambito della plastica, a definire una catena di custodia sostenibile. Il Green Deal Europeo, richiede un impegno maggiore.
In questo, le organizzazioni saranno un punto cruciale. Considerate quelle che hanno contribuito all’inquinamento, e di conseguenza al cambio climatico, saranno quelle che potranno adottare attività innovative vincenti.
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